Ma perché ce l’hanno tanto con le Cryptovalute?

Gli Stati Uniti sono campioni di ambiguità, quando si tratta di criptovalute.

Da un lato, alcuni ambienti finanziari non vogliono rinunciare ai rendimenti assicurati dagli investimenti in criptovalute. Rendimenti che oggi nessun altro asset riesce ormai a garantire.

Dall’altro, la politica monetaria americana vede le cripto come un potenziale concorrente al dollaro.

Per salvare capra e cavoli, gli USA stanno facendo di tutto per promuovere un mercato centralizzato delle criptovalute, che possa mettere sotto controllo il flusso di capitali attirati dai suoi indiscussi rendimenti.

In questo articolo ad esempio abbiamo parlato della “piattaforma di stato” (possiamo chiamarla cosi’) che sta alla base di questa strategia.

Allo stesso tempo, quella stessa strategia prevede di distruggere ogni tentativo di instaurare in America un mercato alternativo a quello ufficiale. E le riviste specializzate ci mostrano ogni giorno nuovi esempi di questi attacchi alla libertà monetaria individuale.

Ma perché, alla fine, le criptovalute dovrebbero essere un concorrente cosi’ temibile per la Federal Reserve?

Lo abbiamo accennato spesso nei nostri articoli, ma non abbiamo mai spiegato la ragione ultima di questa ostilità.

Ebbene, si tratta di semplice matematica…

Le economie moderne, comprese quella americana, non sono piu’ sostenute dalla forza produttiva interna, ma dal debito pubblico e dalla politica monetaria, in mano alle banche centrali.

In una economia di “vecchio tipo” (sostenuta cioè dalla produttività), il punto di equilibrio è quello in cui vi è zero inflazione e zero deflazione (cioè il valore medio del dollaro resta sempre uguale).

Nelle economie “moderne” (quelle sostenute dal debito pubblico e dalle banche centrali), il punto di equilibrio è invece una leggera inflazione al 2%.

Il motivo è che in caso di recessione, con un’inflazione al 2% le banche centrali possono giocare sui tassi d’interesse per riportare la valuta nazionale all’equilibrio.

Le banche centrali non si sognano nemmeno che la soluzione alla recessione possa essere quella di stimolare la produttività attraverso l’economia reale…

Una volta che sono loro ad avere il controllo totale del sistema, la produttività delle aziende è solo il materiale grezzo dei loro esperimenti, senza alcun valore di per sé.

E purtroppo questa politica monetaria è piu’ o meno accettata dappertutto.

In tutto il mondo non è piu’ la produttività l’ago della bilancia.

Lo è invece il debito pubblico e la politica dei tassi d’interesse con cui i governi manipolano la valuta.

In questa situazione, come abbiamo detto, una moderata inflazione è un fatto positivo.

Anzi, ultimamente, come dice la Reuters, alcuni nella Federal Reserve iniziano ad auspicare un’inflazione che vada anche oltre il “moderato” 2%.

Ma cosa implica questa inflazione, moderata o meno, dal punto di vista dei soldi che hai nel tuo conto in banca?

Il 2% potrebbe sembrarti un valore accettabile. Poca cosa, insomma.

In realtà, nell’arco di 35 anni, implica un taglio del potere d’acquisto del dollaro di circa la metà.

E nei successivi 35 anni, implica un taglio dell’altra metà…

Cio’ vuol dire che nella media della vita umana, mettiamo di 70 anni, questo “moderato” 2% causa la perdita di potere d’acquisto nel dollaro di circa il 72%!

E se al posto del 2% la Fed accettasse un’inflazione al 3%, la perdita di potere d’acquisto sarebbe di circa il 90%!

Ora, fai mente locale e guarda cosa succede a un certo punto…

In America i cittadini non si rendono conto della perdita di potere d’acquisto dei loro soldi, perché vivono in un sistema basato sul debito.

In un Paese col 70% della popolazione priva di un conto in banca, o con un conto in banca non superiore a 2000 dollari, non sono i soldi il problema.

Ormai quasi tutti gli americani vivono coi debiti fatti con le loro carte di credito. Come vuoi che si accorgano della perdita di potere d’acquisto del dollaro? Il dollaro non è piu’ la loro valuta già da un bel po’!

La loro valuta corrente è il valore del debito, che deve essere sempre prossimo allo zero, in modo da potersi indebitare indefinitamente senza costi eccessivi.

Anche se votano Trump per protesta, non credo che abbiano pienamente realizzato quanto la loro sopravvivenza dipenda dalla politica della Federal Reserve.

La loro povertà economica aumenta con la perdita di potere d’acquisto del dollaro, che rende sempre piu’ difficile alla Fed creare dal nulla il debito che consente loro di sopravvivere.

Cosa succede pero’ se a un certo punto le criptovalute irrompono in questo scenario orwelliano?

Alcuni cittadini assuefatti al debito, iniziano a sperimentare l’esistenza di una valuta che NON si inflaziona, ma che anzi aumenta di valore a un ritmo vertiginoso.

Per la prima volta la gente apre gli occhi su quanto è diventata dipendente dal tenue filo con cui ancora la Fed riesce a mantenere in piedi la finzione del dollaro…

E ancora ti meravigli che le cripto vengano combattute cosi’ tanto?..

Fonte : Il team di BlockchainTop News.